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perché Di Caprio non gliela fa manco stavolta



Di Caprio ha ben due, dicasi due, caratteristiche anti-Oscar.

È biondo e sta iniziando con le punturine. Già questo la dovrebbe dire lunga, nel massimo esponente della sua generazione per una categoria in cui “metterci la faccia” è indispensabile.

Ma iniziamo coi fatti: era il lontano 1998, Oscar cannato per Titanic.

E certo: Di Caprio nella parte del rude irlandese, che vince ai dadi il biglietto per il viaggio oltreoceano? Ma quando mai. Con quei lineamenti da aristocrazia (manco terriera: proprio newyorchese), poteva andar bene nella parte dell'insopportabile fidanzato di Kate Winslet, certo non in quella dello sfidante scapestrato e spiantato.

Con quelle manine e la faccia da donna, da donna bella per giunta, e biondo.

Ciò non significa che i biondi non possano interpretare ruoli maschili, si veda alla voce Russell Crowe, solo Di Caprio non può. I connotati efebici, quando si invecchia, tolgono ogni credibilità. Se si aggiunge il fatto che il biondino non presenta muscolatura visibile nell'area spalle-polsi, ecco delinearsi il quadro.

In un'estetica didascalica come quella hollywoodiana, l'omo ha da puzzà. Ma non solo: deve essere uomo in ogni sua manifestazione. E ciò vale ancora di più per la parte del protagonista.

Di Caprio, una parola: antagonista: quello che vuoi vedere soffrire, dall'inizio alla fine.

Ma questo, Hollywood non lo sa. Protagonista, a Los Angeles, significa una sola cosa: attore stra-famoso, da stra-pagare. Poco importa che nulla abbia a che fare col personaggio.

Qualche anno fa, fu la volta di Gatsby. Opera magistrale, in cui Fitzgerald riesce a racchiudere un'intera esistenza, uno stereotipo maschile e un'icona. Gatsby mozzo di mare, poi impresario dai loschi traffici, poi miliardario asociale. Ecco: con la faccia e l'espressione da amico-che-sparla-di-te, Di Caprio, dove voleva andare?

Nessun adattamento cinematografico di Gatsby, infatti, ha mai ottenuto il successo sperato. Come mai? È che Hollywood ha questa fissazione per i biondi. In principio fu Robert Redford, che con quel fare compiaciuto, alla "er meglio fico der bigoncio”, si fa surclassare per tutto il film dalla stessa Daisy-Mia Farrow (Mia Farrow, capito? L'ex di Woody Allen, della serie: la psicanalisi è una fregatura).

Due anni fa, fu la volta di Di Caprio. Talmente imbarazzante, da far sperare in una morte prematura del protagonista. Un Gatsby liberamente interpretato, diciamo. Quello che fa Leo per tutto il film è guardare senza l'ombra di sentimento/risentimento Daisy e Tom. Che sono gli antagonisti nel racconto: quelli grazie alla cui esistenza, la vita del protagonista va a rotoli.

Seguono brindisi, scene in cui il nostro poggia lo sguardo vitreo su Daisy (l'amore della vita, notare), il famoso incidente, e tutto lì. Qualche schiamazzo, qua e là, giusto per non dire di non essersi guadagnato lo stipendio, e sempre prestando attenzione alle incisioni praticate dal chirurgo.

Prendiamo per esempio il film che ha segnato la nascita del cinema qmericano: Via col Vento.

Il protagonista della storia, Rhett Butler, è bruno, mentre Ashley Wilkes, il noioso senza polso è biondo. Certo, affibbiare a Clarke Gable e Leslie Howard le etichette di protagonista e antagonista è azzardato, soprattutto quando l'antagonista ha la monotonia e il tedio di Ashley: un personaggio che obiettivamente è difficile vedere nel ruolo di rivale in amore.

I biondi, nella storia del cinema oltreoceano, seguono principalmente tre tipologie:

  • il palestrato californiano tinto (alla Matthew McConaughey prima che diventasse un attore, per intenderci),

  • il “buono”: labbra carnose e sguardo da cerbiatto, protagonista di filmetti per adolescenti e commedie rosa, nella – chiamiamola – maturità artistica, lo si può addirittura scorgere in pellicole impegnate (Brad Pitt, Robert Redford, Russell Crowe),

  • il noioso: Ashley Wilkes in Via col Vento, del quale Rossella è inspiegabilemente invaghita.

  • Cosa rimane? L'infido e meschino nemico del popolo: Di Caprio dai 35 anni in su. Perché il bel faccìno da Romeo shakespeariano non dura per sempre, e negli attimi prima della valanga, per rimediare al disastro che incombe, esiste una sola cosa da fare: la parte del cattivo nell'ultimo Tarantino (e infatti Leo in Django è uno schiavista perfetto: sadico e pazzo, detestato da personaggi e spettatori, come scritto nel destino di chi possiede lineamenti perfetti).


photo: The Revenant, editor: la redazione

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